GIACOMO CUTICCHIO - Pentedattilo Film Festival

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GIACOMO CUTICCHIO

IL FESTIVAL > EDIZIONE 2016 > WORKSHOP 2016

Giacomo Cuticchio, nato a Palermo nel 1982, è compositore, pianista ed  erede di una delle più robuste e vitali tradizioni teatrali siciliane.
Figlio e nipote di maestri pupari, la sua formazione d’artista ha luogo  tra sogni cavallereschi, senni smarriti e avventurosamente recuperati,  battaglie e re di corona, passioni e paradigmi etici, nella cornice di  estremo rigore e attenzione che caratterizza l’attività teatrale di  famiglia.
L’inclinazione per la musica del piccolo Giacomo trovò fertilissima  terra tra i suoni del pianino, che tradizionalmente scandisce e commenta  le vicende dei paladini di Francia, e lo straordinario e prezioso  esercizio della vocalità proprio dell’Opra e del cunto.
Il casuale incontro con la musica di Philip Glass e la sempre viva  attenzione per la musica antica, rinascimentale e barocca, indicarono a  un ancor giovanissimo Giacomo il sentiero a lui congeniale, ponendosi a  ideali cardini di una ricerca sulle radici della musica, per tantissimi  versi analoga agli sforzi del padre Mimmo di innovazione dell’Opra a  partire dalla sue fondamenta.
Alieno da preoccupazioni esclusivamente linguistiche, Giacomo Cuticchio  si propone di raggiungere l’immediatezza dell’emozione, cercando, su  canovacci strutturali quasi archetipici, le forme più adeguate ai suoi  intenti: la musica di Giacomo nasce direttamente dal cuore dei  meccanismi che regolano il funzionamento delle forme.
Tanta attenzione ai principi ultimi che presiedono alla nascita della  musica non può che avere, ovvio corollario, un interesse per il suono,  in sé e in relazione con l’esistente, costantemente alimentato dalla  viva pratica improvvisativa allo strumento.
Alla base di questo straordinario intuito di Giacomo Cuticchio per il  suono e per la sua drammaturgia è possibile rintracciare, con una certa  sicurezza, la prassi del cunto, di cui il padre Mimmo, già allievo del  maestro puparo e cuntista Peppino Celano, è uno degli ultimi autentici  eredi: come nel cunto, attraverso l’alterazione ritmica del respiro, la  parola si fa canto, liberando la propria anima sonora, così, con la  medesima naturalezza, nella musica di Giacomo i suoni diventano  tangibile, udibile forma.
Potremmo rintracciare in ciò l’origine della evidente fascinazione del  giovane Giacomo Cuticchio per il minimalismo, per questo ultimo grande  “ismo” la cui attenzione al suono è ben più che mera osservazione di  superficie, come qualche furbetto commentatore, povero di nuove  categorie e d’inventiva, vorrebbe farci sbrigativamente credere.
E qui forse il cerchio si chiude, legando la tradizione in cui Giacomo  Cuticchio è nato con le grandi esperienze della modernità musicale,  lungo il crinale sottilissimo tra il respiro e la parola, tra il suono e  il suono organizzato, tra un senno costantemente smarrito e ritrovato  al suono di una antico pianino.
Al ritmo di un’esistenza umana ancora possibile.


 
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